Passive fashion

Star Garment Innovation Center, Katunayake (LK)
13
Mar

Star Garment Innovation Center, Katunayake (LK)

La lunga storia della produzione di capi d’abbigliamento nei vari stati del sud-est asiatico solleva inevitabilmente perplessità legate alle condizioni dei lavoratori, costretti spesso a lavorare in strutture calde, scarsamente ventilati e rumorosi. Pertanto, utilizzare i termini “moda”, “industria tessile”, “Sri Lanka” assieme a “risparmio energetico” e “comfort indoor” nella stessa frase potrebbe sembrare quasi un ossimoro.

Eppure, l’edificio oggetto di questo articolo dimostra proprio come sia stato possibile coniugare il risparmio energetico abbattendo al contempo lo sfruttamento dei lavoratori proprio grazie al miglioramento delle condizioni di comfort indoor. In molti Paesi in cui si producono i capi d’abbigliamento che entrano nel circolo del fast fashion esistono infatti ancora oggi molti dei cosiddetti “sweatshops”, termine coniato più di 150 anni fa in Inghilterra e che denota, letteralmente, un luogo in cui “si suda troppo per lavorare”.

Certo, nella fabbrica esemplare illustrata nelle pagine dell’articolo ci si limita a disegnare nuovi prodotti e a realizzarli sotto forma di campioni ma il progetto di retrofitting è riuscito a stabilire degli standard in termini di comfort sul posto di lavoro, efficienza energetica e sostenibilità primi nel loro genere. Quando si è presentata l’opportunità di rinnovare e ristrutturare un vecchio fabbricato industriale a Katunayake, una trentina di km a nord di Colombo, la capitale del piccolo stato insulare, lo studio newyorkese Jordan Parnass Digital Architecture (JPDA), in collaborazione con gli architetti locali di Vinod Jayasinghe Associates (Pvt) Ltd, ha colto l’occasione per progettare un edificio all’avanguardia e ottenere la certificazione Passivhaus, migliorando al contempo l’ambiente di lavoro.

I progettisti avevano dalla loro parte l’impegno etico-ecologico del committente, lo Star Garment Group, un’azienda cingalese di tessili attiva da decenni e da poco acquisita da Komar, una compagnia fondata nel 1908, operante nello stesso ambito soprattutto in Nord America, attenta alle esigenze dei propri clienti, degli azionisti, dei dipendenti e degli enti normativi nell’impegno di pratiche ecologicamente sostenibili. La collocazione geografica dello Star Garment Innovation Center ha reso le condizioni al contorno particolarmente ‘estreme’ per l’applicazione dei principi Passivhaus, soprattutto se confrontate con quelle del Centro-Nord Europa, dove è nato lo standard e dove la necessità primaria è quella di proteggersi dal freddo piuttosto che dal clima tropicale monsonico, che presenta temperature calde costanti tutto l’anno e umidità relativa estremamente elevata.

Optando per rinnovare una fabbrica obsoleta invece di scegliere una nuova costruzione, il committente è riuscito ad abbreviare i tempi di costruzione riducendo i costi, lo smaltimento in discarica e le emissioni di anidride carbonica, grazie anche all’inclusione di tecnologie all’avanguardia, come un sistema di “heat pipe” (tubo di calore) che riduce del 90% l’utilizzo di energia per la deumidificazione. Il risultato è il secondo edificio industriale Passivhaus al mondo che è al contempo un retrofitting, certificato dunque con EnerPhit, standard impiegato dall’istituto di Darmstadt per designare i recuperi e non le nuove costruzioni. Nello Star Garment Innovation Center, la riduzione di energia complessiva supera il 75% rispetto a un nuovo edificio convenzionale mentre il ROI (ovvero il ritorno dell’investimento) è confermato al 17% annuo, con un periodo di rimborso (payback) di sei anni.

Fotografie © Ganidu Balasuriya

→ l’articolo continua sul numero 30 di azero