18
Ott

Facciate biofotovoltaiche: energia dal muschio

Da alcuni anni molte Università europee, coadiuvate da collaborazioni internazionali, stanno lavorando sulla tecnologia del bio fotovoltaico, BPV – Bio Photo Voltaic (organismi vegetali che sfruttano l’energia del sole e il processo di fotosintesi per produrre elettricità), realizzando prototipi e oggetti di design che possano far comprendere al pubblico il funzionamento di questi apparati. Fin dalle prime ricerche, i sistemi BPV hanno dimostrato di possedere un buon potenziale per alimentare piccoli dispositivi, come ad esempio gli orologi digitali; ci vorrà comunque ancora tempo affinché un prodotto BPV possa essere un’alternativa competitiva alle tecnologie rinnovabili ed essere disponibile sul mercato a basso prezzo. Le ricerche in corso, infatti, ipotizzano un futuro in cui i BPV saranno applicati ai pannelli solari, da collocarsi sulle coperture, ai generatori fotovoltaici, un insieme di collettori solari ad alghe installato su boe galleggianti e ancorato in mare aperto per creare energia e raccogliere acqua desalinizzata (prodotto di scarto di una delle reazioni chimiche che occorrono al dispositivo); oppure impiegati nelle centrali biofotovoltaiche, costituite da alghe giganti, rivestite di ninfee galleggianti sulla superficie del mare vicino alla costa, a fornire elettricità alle comunità locali. Ma dovremo aspettare i prossimi anni per vedere concretizzati gli scenari ipotizzati. (…)

Moss Voltaics
Considerato dai giardinieri una minaccia alla crescita dei prati erbosi, il muschio – ma anche le alghe – è oggetto di ricerche internazionali, il cui obiettivo è capire come esso possa essere utilizzato, quale risorsa rinnovabile, per produrre energia pulita e come possa essere applicato nella realtà nei progetti a scala urbana. È questo dunque il concetto che sta alla base di Moss Voltaics, un sistema di facciata verde attiva sviluppata dallo IaaC (Institute for advanced architecture of Catalonia) di Barcellona, nell’ambito dei progetti di ricerca rivolti all’autosufficienza energetica in architettura. In questo particolare progetto, la tecnologia biofotovoltaica BPV sopra descritta, che sfrutta il naturale processo della fotosintesi per generare energia elettrica, è stata abbinata a blocchi di argilla, opportunamente sagomati, che consentono di realizzare un elemento architettonico applicabile all’edificio.

Il concetto generale
Il principio su cui si basa il progetto di ricerca è l’utilizzo del muschio che, a partire dall’anidride carbonica e dall’acqua presenti nell’ambiente esterno e grazie alla luce, produce composti organici, indispensabili per i processi vitali di un vegetale. Tali sostanze vengono rilasciate nel suolo e scisse da batteri simbionti, che necessitano dei composti per sopravvivere, secondo un procedimento che libera sottoprodotti tra i quali sono presenti anche gli elettroni; questi, infine, possono essere raccolti come elettricità, se ai microorganismi viene fornito un elettrodo per facilitare il rilascio degli elettroni stessi. Il cuore del progetto Moss Voltaics è dunque costituito dalle celle biofotovoltaiche che configurano una organizzazione di unità, combinate tra di loro in circuiti in serie e in parallelo, dove l’unità è costituita da un insieme totalmente operante in modo bioelettrico. Il sistema è composto da un materiale biologico anodico (il muschio), l’anodo, il catodo, il catalizzatore catodico e il ponte salino che consente alla carica positiva di passare dal materiale biologico anodico al catodo. A sua volta, l’anodo è costituito da una miscela, capace di attrarre gli elettroni, formata da fibre di carbonio e idrogel, polimero dal PH neutro che può assorbire acqua fino a 400 volte il suo peso e quindi trattenere l’umidità necessaria alla sussistenza del muschio. (…)

Progettare i mattoni
Per mantenere vivo il muschio, è stato necessario studiare e realizzare un contenitore particolare che riproducesse un microclima ideale atto a questo scopo. Le forme dei blocchi sono state elaborate secondo precisi studi parametrici che hanno consentito di realizzare differenti tipologie di mattoni con appositi incastri e connessione elettrica. Il primo elemento di prova della parete è stato costruito con il metodo dell’argilla barbottina, un legante liquido piuttosto viscoso e cremoso, ottenuto dall’impasto di acqua e argilla in quantità variabili a secondo dell’uso finale; questo materiale viene utilizzato anche con la tecnica del colaggio, non solo con il tornio, la quale prevede l’inserimento della miscela in uno stampo di gesso. Ed è stata questa la tecnica scelta per produrre i blocchi di prova mediante un primo stampo, creato a mano al fine di verificare se il materiale fosse idoneo a ospitare il muschio. Utilizzando la metodologia dello slipcasting, tipica della produzione delle stoviglie e delle ceramiche, che prevede il versamento della mescola di argilla e acqua all’interno di uno stampo di gesso cavo, si è colato un primo strato. Quando il gesso ha assorbito la maggior parte del liquido, la rimanente barbottina è stata riversata fuori dallo stampo per essere riutilizzata in una successiva colata. (…)

⇒ l’approfondimento continua sul numero 20 di azero