14
Mar

Impianti di raccolta dell’acqua
piovana

Pur costituendo una frazione modesta dei consumi idrici complessivi, prossima al 10%, i consumi idrici a uso civile (insediamenti/edifici del terziario/abitazioni) sono oggetto da molti anni dell’attenzione tanto dei soggetti pubblici quanto degli utenti, nella direzione della salvaguardia della risorsa, in un clima di crescente consapevolezza (EC, 2012a) e nell’ottica di una progettazione consapevole (Water Sensitive Urban Design, SWITCH, 2011).

Il problema è di particolare rilievo per la qualità dell’acqua consumata: si tratta, infatti, spesso di acqua potabile, utilizzata impropriamente per usi che richiederebbero qualità inferiori (irrigazione/lavaggio aree scoperte/impianti di refrigerazione ecc.). Per di più, tale frazione è costituita in massima parte da acque sotterranee, la cui tutela è, per contro, uno dei cardini fondanti dell’azione comunitaria, secondo quanto stabilito dalla Water Framework Directive (2000/60/EU), riferimento legislativo comunitario della politica di gestione della risorsa idrica. In Italia, per di più, oltre l’85% dell’acqua a uso potabile deriva dall’emungimento delle falde, dato di estrema gravità, sia come valore in sé, che in relazione alle minori percentuali di utilizzo delle acque sotterranee a livello comunitario.

In questo quadro generale, la corretta gestione delle acque meteoriche e il recupero delle acque grigie negli insediamenti e a scala di edificio per usi non potabili sono tra le azioni positive che possono essere intraprese (EEA, 2009; EC, 2012c) e che, da sempre sono promosse per la realizzazione di edifici con elevata qualità ambientale, anche in virtù dello stretto legame tra risparmio idrico e consumo di energia (EA, 2010).

In Europa, i consumi domestici di acqua potabile sono quantificati in circa 130 litri/abitante al giorno (EEA, 2014), dato sensibile alle dimensioni del nucleo familiare e inferiore al dato italiano, stimato, con riferimento ai capoluoghi di provincia, in 175 litri/abitante al giorno, dato in lieve calo negli ultimi 10 anni. Considerata la differenziazione degli usi, circa il 50% di questi consumi potrebbe essere sostituito con acqua piovana, evidenza che dà ragione degli sforzi in atto per la diffusione di una cultura del suo recupero e riutilizzo (Sedlak, 2002, Frangipane, 2009), che non può, comunque, prescindere dall’esigenza primaria di sicurezza della salute degli utenti. In tal senso si indirizzano le specifiche di progettazione, manutenzione e utilizzo definite dalle normative dei singoli paesi, in attesa di un documento organico a livello europeo (…)

⇒ l’articolo completo è stato pubblicato sul numero 12 di azero (vai all’indice)